Conosciamo il SACRAMENTO dell’ORDINE

Gesù Cristo è l’unico vero sacerdote. Solo lui è mediatore fra Dio e gli uomini, capace di comunicare Dio all’uomo e di portare ogni uomo all’incontro con Dio. Gesù Cristo è vero mediatore perché personalmente è Dio e uomo.

In quanto unita a Cristo, tutta la Chiesa è un popolo sacerdotale. Infatti grazie al battesimo, tutti i fedeli partecipano al sacerdozio di Gesù: tale partecipazione si chiama «sacerdozio comune dei fedeli».

Ma esiste anche il «sacerdozio ministeriale» che consiste in una partecipazione alla missione di Cristo e conferisce ad alcuni membri della Chiesa un potere sacro per il servizio dei fedeli. Questo ministero, che differisce essenzialmente dal sacerdozio comune, è conferito dal sacramento dell’Ordine, il quale abilita i ministri ordinati a servire il popolo di Dio attraverso l’insegnamento, il culto divino e il governo pastorale.

Perché si chiama Ordine?

La parola Ordine, nell’antichità romana, designava corpi costitui­ti in senso civile, soprattutto l’insieme di coloro che governano. Ordinazione dunque indica l’integrazione in un ordine. Nella Chiesa ci sono corpi costituiti che la Tradizione, non senza fon­damenti scritturistici, chiama sin dai tempi antichi con il nome di “ordini: l’ordine dei vescovi, l’ordine dei presbiteri e l’ordine dei diaconi.

L’integrazione in uno di questi corpi ecclesiali avviene con un rito chiamato ordinazione, vero atto sacramentale che conferisce un dono dello Spirito Santo per esercitare una potestà sacra che viene da Cri­sto stesso, mediante la sua Chiesa. L’imposizione delle mani del vescovo, insieme con la preghiera consacratoria, costituisce il segno visibile di tale ordinazione.

L’Ordine dunque è il Sacramento grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa, sino alla fine dei tempi.

I tre gradi dell’Ordine

Il ministero ecclesiastico, di istituzione divina, viene esercitato in diversi ordini da quelli che già anticamente sono chiamati: vescovi, pre­sbiteri, diaconi.

La dottrina cattolica, espressa nella liturgia, nel ma­gistero e nella pratica costante della Chiesa, riconosce che esistono due gradi di partecipazione ministeriale al sacerdozio di Cristo: l’episcopato e il presbiterato, mentre il diaconato è finalizzato al loro aiuto e al loro servi­zio.

Per questo il termine «sacerdote» designa, nell’uso at­tuale, i vescovi e i presbiteri, ma non i diaconi.

Tuttavia, la dottrina cattolica insegna che i gradi di partecipazione sacerdotale (episcopato e presbiterato) e il grado di servizio (diaconato) sono tutti e tre conferiti da un atto sacramentale chiamato «ordinazione», cioè dal sacramento dell’Ordine.

Vescovo

Per continuare la loro missione, gli Apostoli con l’imposizione delle mani hanno trasmesso il dono dello Spirito ad alcuni collaboratori, costituendoli loro successori e passando a loro il compito di presiedere la comunità dei credenti in Cristo. Grazie all’ordinazione episcopale la successione apostolica è trasmessa fino a noi, garantendo la fedele unione con le origini.

Tali successori degli Apostoli sono chiamati «epískopoi», reso in italiano con «vescovi»: è parola greca che indica il super-visore, cioè colui che sorveglia e ha cura di tutta la comunità.

Il Concilio Vaticano II insegna che con l’ordinazione epi­scopale viene conferita la pienezza del sacramento dell’Ordine, quella cioè che dalla consuetudine liturgica della Chiesa e dalla voce dei santi Pa­dri viene chiamata “sommo sacerdozio”, vertice del sacro mini­stero.

Ogni Vescovo, in quanto inserito nel Collegio episcopale, è legittimo successore degli Apostoli, condividendo con il Papa e gli altri Vescovi la sollecitudine per tutte le Chiese,

Il Vescovo, a cui viene affidata una Chiesa particolare, è il principio visibile e il fondamento dell’unità di tale Chiesa, verso la quale adempie, quale vicario di Cristo, l’ufficio pastorale di insegnare, santificare e governare, coadiuvato dai propri presbiteri e diaconi. Egli rappresenta visibilmente Cristo, Buon Pastore e Capo della sua Chiesa.

Presbitero

Cristo, consacrato e mandato nel mondo dal Padre, per mezzo dei suoi Apostoli ha reso partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i Vescovi, i quali hanno legittimamente affidato, secondo diversi gradi, l’ufficio del loro ministero a vari sogget­ti nella Chiesa. Infatti la funzione ministeriale degli Apostoli fu trasmessa in gra­do subordinato ai presbiteri, perché fossero cooperatori dell’ordine episcopale, per svolgere i compiti affidati da Cristo.

Anche il termine «presbyteros», è greco e indica «uno più anziano», termine comune per indicare i “capi famiglia”. Nella nostra lingua corrente il vocabolo si è abbreviato in «prete»: è il termine migliore per indicare questi ministri ordinati, perché è parola tipicamente cristiana, più che sacerdote.

La funzione dei presbiteri, strettamente unita all’ordine episcopale, partecipa dell’autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio corpo. Il sacerdozio dei presbiteri viene conferito dal sacramento dell’Ordine, per il quale in virtù dell’unzione dello Spirito Santo i preti sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo Capo.

I presbiteri, saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiu­to e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio, costituiscono col loro Vescovo un unico presbiterio, sebbene destinati a uffici diversi. I preti non possono esercitare il loro ministero se non in dipendenza dal Vescovo e in comunione con lui. La promessa di obbedienza che fanno al Vescovo al momento dell’ordinazione e il ba­cio di pace del Vescovo al termine della liturgia dell’ordinazione signifi­cano che il Vescovo li considera come suoi collaboratori, suoi figli, suoi fratelli e suoi amici, e che, in cambio, essi gli devono amore e obbedienza.

I preti soprattutto esercitano la loro funzione sacra nell’assemblea eucaristica, dove, agendo in persona di Cristo, e proclamando il suo mistero, uniscono i fedeli al sacrificio del loro Capo e nella celebrazione della Messa rendono presente l’unico sacrificio di Cristo, che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata. Da questo unico sacrificio tutto il loro ministero sacer­dotale trae la sua forza.

Diacono

In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani «non per il sacerdozio, ma per il servizio». Per l’ordinazione al diaconato soltanto il Vescovo impone le mani, signifi­cando così che il diacono è legato in modo speciale al Vescovo nei compiti del suo servizio.

Pure il nome «diákonos» è di origine greca: significa «servitore» e indica la partecipazione alla missione di Cristo, che si è fatto servo di tutti.

Compete ai diaconi assistere il Vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il Matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità.

Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa latina ha ripristinato il diaconato come un grado proprio e permanente della gerarchia. Il diaconato permanente, che può essere conferito a uomini sposati, costituisce un importante arricchimento per la mis­sione della Chiesa. Gli uomini che nella Chiesa adempiono un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e pastorale, sia nelle opere sociali e caritative è conveniente che siano fortificati per mezzo dell’im­posizione delle mani, per poter compiere più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato.

Il rito della Ordinazione

Per ciascuno dei tre gradi, il Sacramento dell’Ordine è conferito mediante l’imposizione delle mani sul capo dell’ordinando da parte del Vescovo, che pronunzia la solenne preghiera consacratoria. Con essa il Vescovo invoca da Dio per l’ordinando la speciale effusione dello Spirito Santo e dei suoi doni, in vista del ministero.

Spetta ai soli Vescovi validamente ordinati, in quanto successori degli Apostoli, conferire i tre gradi del Sacramento dell’Ordine.

Il prefazio che la Chiesa propone per la Messa Crismale sintetizza bene la funzione e i compiti dei ministri ordinati:

Con l’unzione dello Spirito Santo hai costituito il Cristo tuo Figlio Pontefice della nuova ed eterna alleanza, e hai voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa. Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, e con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza.   Tu vuoi che nel suo nome rinnovino il sacrificio redentore, preparino ai tuoi figli la mensa pasquale, e, servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la tua parola e lo santifichino con i sacramenti.   Tu proponi loro come modello il Cristo, perché, donando la vita per te e per i fratelli, si sforzino di conformarsi all’immagine del tuo Figlio, e rendano testimonianza di fedeltà e di amore generoso.

Un’altra bella sintesi è proposta dal prefazio della Messa dell’Ordine:

In Cristo tuo Figlio, eterno sacerdote, servo obbediente, pastore dei pastori, hai posto la sorgente di ogni ministero nella vivente tradizione apostolica del tuo popolo pellegrinante nel tempo. Con la varietà dei doni e dei carismi tu scegli e costituisci i dispensatori dei santi misteri, perché in ogni parte della terra sia offerto il sacrificio perfetto e con la parola e i Sacramenti si edifichi la Chiesa, comunità della nuova alleanza, tempio della tua lode.

Chi può ricevere l’Ordinazione?

Può ricevere validamente questo Sacramento soltanto il battezzato di sesso maschile: la Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso, che ha scelto uomini per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino alla venuta gloriosa di Cristo il colle­gio dei Dodici. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è ritenuta possibile.

Nessuno ha un diritto a ricevere il sacramento dell’Ordine. Infatti nessuno può attribuire a se stesso questo ufficio. Ad esso si è chiamati da Dio. Chi crede di riconoscere i segni della chiamata di Dio al mini­stero ordinato, deve sottomettere umilmente il proprio desiderio all’au­torità della Chiesa, alla quale spetta la responsabilità e il diritto di chiamare qualcuno a ricevere gli Ordini. Come ogni grazia, questo sa­cramento non può essere ricevuto che come dono immeritato.

Perché i preti non si sposano?

Per un’antica consuetudine della Chiesa latina tutti i ministri ordinati, ad eccezione dei diaconi permanenti, sono normalmente scelti fra gli uomini credenti che vi­vono da celibi e che intendono conservare il celibato «per il regno dei cieli». Non si tratta di un precetto esplicito del Signore, ma di una veneranda tradizione ecclesiale, che conserva ancora oggi il suo significato teologico.

Chiamati a consacrarsi con cuore indiviso al Signore e alle «sue cose», coloro che vengono “ordinati preti” si donano interamente a Dio e agli uomini: il celibato è un segno di questa vita nuova al cui servizio il ministro della Chiesa viene consacrato. Il suo senso non si riduce ad esigenze pratiche, come essere più libero e avere meno preoccupazioni. Il celibato del clero (come la verginità dei religiosi) è un segno del mondo futuro, un richiamo all’eternità dove ci sarà un rinnovamento delle relazioni umane. Abbracciato con cuore gioioso, il celibato annuncia in modo radioso il regno di Dio.

Tuttavia sappiamo che nelle Chiese Orientali, da secoli, è in vigore una disciplina diver­sa: mentre i Vescovi sono scelti unicamente fra coloro che vivono nel celibato, uomini sposati possono essere ordinati diaconi e presbiteri. Tale prassi è da molto tempo considerata come legittima; questi presbi­teri esercitano un ministero fruttuoso in seno alle loro comunità. D’altro canto il celibato dei presbiteri è in grande onore nelle Chiese Orien­tali, e numerosi sono i presbiteri che l’hanno scelto liberamente, per il regno di Dio. In Oriente come in Occidente, chi ha ricevuto il sacra­mento dell’Ordine non può più sposarsi.